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Ambiente


I LEADER MONDIALI E LA RIDUZIONE DEL RISCALDAMENTO GLOBALE    a cura di Lombardo Ilaria 3^ C ITE

I leader mondiali si sono riuniti in una conferenza da fine novembre all’undici dicembre a Parigi per fissare gli obiettivi a favore della riduzione del riscaldamento globale.
Fissare degli obiettivi per cercare di frenare il riscaldamento globale è il tema tenutosi alla Conferenza avvenuta a Parigi a le Bourget, incentrata, appunto, sul "riscaldamento globale" e in relazione al mutamento del clima terrestre sviluppatosi dal xx sec. e che è ancora in atto.
Questo fenomeno avviene soprattutto a causa dell’emissioni in atmosfera di crescenti quantità di gas serra ed altri fattori comunque dovuti all’attività umana. 
Per frenare il riscaldamento globale i leader mondiali hanno deciso di adottare energie rinnovabili e di investire nella ricerca e ottenere grandi risultati entro il 2030 con l'abbassamento di 2 gradi della livello temperatura attuale. 

Gli Stati Uniti vogliono continuare a imbattersi nella riduzione dei mutamenti climatici usando lo “shale gas” un gas contenuto negli strati di roccia e su cui punta molto. 
L’India pensa che si deve migliorare l’efficienza energetica del paese. 
La Cina suppone che per arrivare all’obiettivo serva aumentare la percentuale  di energia primaria non fossile e impiantare molti più alberi nelle foreste. 
Riguardo al nostro paese il governo italiano si impegnerà a fare una politica che incentiva l’energie rinnovabile, di agire sui trasporti e sul riscaldamento domestico. L’Italia è tra i paesi europei più inquinati. 
Invece il Canada ha intenzione d’immettere contributi sulla finanza verde. 
Nella riduzione del riscaldamento globale i paesi che si sono più distinti risultano la Danimarca e la Svezia. Infatti hanno ridotto quasi del tutto l’uso delle fonti fossili per la produzione di energia elettrica. 
La Germania vuole adottare gli stessi metodi dei due paesi scandinavi. 

Sicuramente molto dipende dai nostri comportamenti e se tutti i cittadini del mondo s’impegnassero maggiormente in una politica di riduzione del riscaldamento globale con azioni che escludano la produzione di gas serra, potrebbero dare in futuro territori più puliti e con pochissima produzione di gas nocivi. I gas serra, insieme alle ceneri volatili e alle poveri sottili, ricordiamo, sono i primi fattori di inquinamento e delle variazioni in più della temperatura attuale del globo terrestre.





LA REGIONE LAZIO HA IL COSTO PIU’ ALTO PER LO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI

Secondo quanto diffone Confartiginato il costo dello smaltimento dei rifiuti negli ultimi 5 anni è lievitato e con esso le tarfiffe comunali. In media la tariffazione è aumnetata del 22,6%,  cioè maggiore di circa il 14,6% di al tasso di inflazione (+8%) e superiore del 12,8% , rispetto alla crescita media del costo del servizio (+9,8 %), in area europea.
In Itali e nelle regioni le tariffe sono aumentate però, come ci rivela Confartigianato, con una perdità di qualità del servizio. Non è raro imbattersi nelle nostre zone, e solo come un esempio, nei mezzi dei rifiuti che invasano tutti ciò differenziato dai cittadini.
Nel Lazio, dove continua a persistere un evidente degrado delle strade e dell’ambiente, il costo per la pulizia e la raccolta differenziata si rileva più elevato anche nonostante la raccolta diffrenziata e casa per casa.
La Confartigianato ha inoltre messo in bell’evidenza quanto il costo del servizio di pulizia per le famiglie italiane, artigiani, imprenditori e fabbriche sia stato in media nel 2014 sia per le tasse che per le tariffe pari a € 168,14 pro-capite con una spesa generale di 10,2 Miliardi di Euro. Registra anche un clamoroso aumento nel triennio 2012-2015 del 12.5% rispetto le tariffazioni precedenti che è quasi nove volte più grande dle costo della via, stimato in circa + 1.6%.
 I rincari avvenuti in europa non superano il 5,1% contro il 7,4% che si registra in Italia.
Il Lazio, come già detto prima, risulta la prima regione con el tariffe più alte con un costo pro-capite di 214 euro circa,  di gran lunga superiore, circa il 27 ,3%, rispetto alla media nazionale.
Altre regioni come la Liguria hanno una spesa per abitante pari a 211,75 euro(25,9% in piщ rispetto alla media nazionale); la Toscana con 208,25 
euro/abitante (23,9% piщ della media); la Campania con 205,02 
euro/abitante (superiore del 21,9% rispetto alla media italiana); l’ Umbria 
con 190,23 euro pro capite (+ 13,1 %) e Sardegna con 188,9 euro per abi- 
tante (+12,3% rispetto alla media nazionale).
La situazione come ben si vede aumenta sempre pià nel costo che paghiamo ma non della qualità in quanto non sempre o quasi mai i risultati che si raggiungono sono quelli che si eramo sperati all’inizio. 
Bisognerà riflettere bene perchè avviene e perchè nel Lazio il costo è più alto, considerato anche che nei comuni limitrofi a quelli di Gaeta e Gaeta stessa la raccolta differenziata è a buon punto. 

Perchè il costo aumenta se la popolazione fa il suo dovere e differenzia e non sporca?



SUD PONTINO, FORTE INQUINAMENTO MARINO, DEPURATORI INEFFICACI E NON SOLO....
a cura di Pezza Giorgia  5^ L ITE

E' notizia risaputa ma fa sempre bene ricordare in che situazione siamo a livello di inquinamento e lo stato delle cose.
Che, quindi, le acque del Golfo di Gaeta sono inquinate lo si sa da anni, ma i politici hanno sempre dato poca importanza a questo problema. 
Detto ciò sembra che qualcosa si stia muovendo dal momento che un coraggioso carabiniere, responsabile della sezione "vigili di protezione civile" della regione Campania, ha presentato una denuncia contro i comuni di Gaeta, Formia e Minturno addebitando agli stessi i reati di inquinamento marino, scarichi abusivi, deturpamento dell'ambiente, danni di immagine e danni patrimoniali. 
Le cause dell'inquinamento delle acque del Golfo di Gaeta, come da sempre viene sostenuto, sono attribuite ad una presunta falla presente nella condotta che dal depuratore di Formia porta i liquami al largo. Per questo motivo è stata fatta un'operazione di campionamento degli scarichi dei depuratori che sversano nel Golfo di Gaeta e siamo in  attesa dei risultati delle analisi delle acque reflue e del mare.
Controlli a tappeto nel territorio per l’individuazione di ogni possibile fonte d’ inquinamento marino, come disposto dalla Procura della Repubblica di Cassino.
Un’indagine che, come spiega la guardia costiera, ha portato alla verifica delle procedure di smaltimento rifiuti di numerose strutture pubbliche e private che insistono sul territorio del Sud Pontino, in quanto possibili cause d’inquinamento per cattivo smaltimento dei reflui e/o scarichi abusivi a mare. I dati sull’inquinamento marino nella regione Lazio classificano l’area del Golfo di Gaeta a “forte inquinamento”. La Regione Lazio nel 2008 aveva dichiarato con propria deliberazione il Golfo di Gaeta come “Area Sensibile” e, per questo erano stati assegnati circa 3,5 milioni di euro destinati a studi e realizzazione di interventi ed opere pubbliche di disinquinamento da effettuarsi sia a terra che a mare. Il riconoscimento di Area sensibile da parte regionale, consentirebbe ancora oggi di poter beneficiare prioritariamente dei finanziamenti sia regionali che europei da parte dei comuni interessati quali Gaeta, Formia e Minturno, ma ciò non è avvenuto. Le Amministrazioni locali affaccendate in altre questioni si sono dimostrate, oltretutto, totalmente insensibili ed incapaci a predisporre studi, progetti e azioni concrete di prevenzione e tutela ambientale. Insieme al personale tecnico dell’Arpa, i militari della guardia costiera e gli agenti della polizia provinciale, hanno effettuato una serie di controlli presso gli scarichi delle strutture sanitarie della zona, dove sono state eseguite ispezioni dei registri e formulari di individuazioni dei rifiuti oltre alla verifica dell’attuazione delle procedure e delle prescrizioni attinenti allo smaltimento degli stessi.  Inoltre sono stati effettuati campionamenti di reflui per essere sottoposti ad analisi da parte del personale dell’Arpa. Le ispezioni effettuate hanno mirato a verificare il rispetto delle normative in materia di rifiuti e scarichi da parte delle strutture sanitarie controllate. La particolare attenzione riservata alla tutela dell’ambiente marino, comporterà verifiche e controlli, anche nei prossimi mesi, ponendo sotto la lente d’ingrandimento attività turistico/ricreative ed industriali ad esso connesso.

RUBRICA INFORMIAMOCI : LE POLVERI SOTTILI  
domande e risposte riprese da Ie


Le polveri sottili possono essere paragonate a un killer lento e silenzioso, sono così piccole da poter essere inalate e man mano si accumulano nel sistema respiratorio. Quando si parla di polveri sottili di solito si fa riferimento alle cosiddette PM 10 ma negli ultimi dieci anni gli scienziati hanno messo in evidenza un’altra forma di inquinamento legato alle polveri sottili da un diametro minore, le PM 2,5.

Quanto sono grandi le polveri sottili e cosa significano le diciture PM 10 e PM 2,5?
Le polveri sottili PM 10 hanno un diametro di 10 micron, così come le polveri sottili PM 2,5, misurano solo 2,5 micron. Per comprendere queste dimensioni, vi basterà immaginare lo spessore di un capello, le polveri sottili hanno un diametro 30 volte inferiore rispetto a quello di un nostro capello!

Quali sono i rischi per la salute legati alle polveri sottili?
Se le polveri sottili da un diametro di 10 micron sono inalabili e si accumulano nei polmoni, quelle da un diametro da 2,5 micron sono addirittura respirabili, ciò significa che possono penetrare nei nostri polmoni fino ad accumularsi nel sangue e raggiungere varie parti del nostro organismo. Così, se i danni legati alle polveri sottili di PM 10 sono circoscritti al sistema respiratorio, quelli legati alle polveri sottili PM 2,5 potrebbero estendersi anche ad altri tessuti.

Quali sono i danni ambientali delle polveri sottili?
Tutti conoscono la nebbia ma sono in pochi a sapere che in molte città d’Italia, la causa principale della ridotta visibilità dettata dalla nebbia, è causata proprio dalle polveri sottili. Altri danni ambientali delle polveri sottili sono legati alla deturpazione dei monumenti, reperti e pietre: le polveri sottili sono dei coadiuvanti dell’azione delle piogge acide. I danni peggiori sono quelli che le polveri sottili causano alla salute umana e anche della fauna: le polveri sottili sono trasportate ovunque dal vento e si depositano nel suolo agricolo come sul manto stradale, il traffico automobilistico alza queste polveri e i passanti le inalano/respirano, danneggiandosi inconsapevolmente. Ancora, le polveri sottili possono accumularsi nei corsi d’acqua o nel suolo fino a raggiungere le falde acquifere rendendo i laghi e i torrenti acidi modificando così l’equilibrio dei nutrienti delle acqua e dei bacini fluviali.

Esistono differenze tra polveri sottili, pulviscolo atmosferico, polveri totali sospese e particolato?
Con questi termini si fa riferimento alle sostanze sospese in aria senza alcun riferimento alle dimensioni o alla natura di tali particelle (fibre, metalli pesanti, inquinanti liquidi, gassosi, solidi, particelle carboniose…). Quando si parla di polveri sottili si fa riferimento al particolato o particolato sospeso ovvero, si parla di tutte quelle particelle disperse nell’atmosfera (o accumulate nel suolo e nei corsi d’acqua) che hanno un diametro che va da pochi nanometri fino a 500 micron, è per questo che nello specifico si effettua una divisione tra polveri sottili PM 10 e PM 2,5. Le polveri sottili con un diametro superiore ai 10 micron sono definite “particolato grossolano“, l’attenzione a queste polveri sottili non è tale da destare grossa preoccupazione in quanto riescono a superare la laringe e penetrare nel sistema respiratorio umano solo in minima parte. Ancora, l’ambiente è interessato dal dramma delle particelle ultrasottili anche dette nanopolveri (particolato ultrafine) si tratta di polvere respirabile che può raggiungere gli alveoli polmonari, queste hanno un diametro inferiore ad 1 micron mentre le nanopolveri rientrano nell’ordine di grandezza dei nanometri (in ordine di descrizione, PM 1, PM 01 e PM 0,001).

Da dove vengono le polveri sottili?
Come è chiaro, quando si parla di polveri sottili si fa riferimento a una grossa quantità di particelle così non vi è un’unica fonte. Generalizzando si può affermare che le polveri sottili più piccole si formano principalmente da residui della combustione. In Italia, purtroppo, il limite massimo di polveri sottili stabilito dall’UE (che, tra l’altro, ha un tetto massimo di gran lunga superiore a quello sancito dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità) viene superato in numerose zone geografiche. Per un approfondimento è possibile leggere il Report Europeo con la situazione dell’Italia.

Pubblicato da Anna De Simone



GRAZIE NATURA!       a cura di Beatrice Lamberti III C ITE

Ultimamente si è venuti a conoscenza, grazie ai ricercatori tedeschi del KIT (Karlsruher Institut für Technologie), di una pianta chiamata “felce d’acqua” (Salvinia Molestia) capace di assorbire petrolio e olii in circa 20 secondi(secondo la superficie della pianta stessa). La cosa che lascia tutti a bocca aperta è che essa cresce completamente nell’acqua mentre le sue foglie sono idrorepellenti. Una volta lavorate queste vengono trasformate in fogli in grado di galleggiare sull’acqua per assorbire tutte le chiazze oleose presenti. Terminato il processo questi fogli vengono recuperati e messi in centrifuga così da separare gli olii, che vengono riciclati come biocombustibili, mentre i fogli vengono usati come base per il compostaggio essendo vegetali. Alcuni ricercatori italiani hanno scoperto invece che si possono bonificare i suoli contaminati con gli alberi (principalmente con pioppi e salici). Per esempio nella Valle del Sacco piantando il pioppo Monviso in un solo anno hanno eliminato quasi il 40% del lindano, potente insetticida. Proprio come disse poco tempo fa il regista Luc Jacquet “Il fascino della natura ci convincerà a non inquinare più”. Grazie natura per i mille modi che ci dai per aiutarci a rimediare i danni che ogni giorno provochiamo con l’inquinamento al nostro bellissimo pianeta.


OLI ESAUSTI E BIOMASSE: UN’ IMPORTANTE RISORSA a cura di La Rocca Arianna 4^B ITE

Spesso si tende a gettare nel lavandino gli oli esausti che provengono dalla cottura di cibi, gesto semplice che all’apparenza potrebbe sembrare innocuo, in realtà procura ingenti danni all’intero sistema ambientale. 
Infatti, la dispersione di questo tipo di rifiuto in acqua, è  molto inquinante e potrebbe compromettere la flora, la fauna e la corretta funzionalità di tubature e reti fognarie. Basti pensare che un solo kg di olio è sufficiente a coprire circa 1000 metri quadrati di acqua e in Italia se ne gettano circa 280 tonnellate. 
Questo rifiuto, invece, può diventare una risorsa di primaria importanza e ridurre di molto l’inquinamento ambientale se ci si abitua a pensarlo come un materiale. 
Grazie a molte iniziative, a partire dal 2009 e da parte di alcune imprese dedicate al riciclo degli olii esausti, questi subiscono un processo che gli trasforma in biocarburante o in energia termica ed elettrica. In questo modo, le emissioni di CO2 nell’atmosfera si riducono del 70% e si evita la dispersione del rifiuto. 
Ciò può essere possibile, immaginandolo in ogni comune, grazie alla collocazione di rifiuti, da parte di aziende o enti preposti, in punti di raccolta, detti “casine”, dove le persone possono depositare bidoncini contenenti gli oli esausti, prodottosi in casa/ufficio/azienda da smaltire. 
In Italia già 80 comuni hanno accettato questa iniziativa  e nel 2015 si sono raccolti più di 500 mila chili di olio da cucina. 

Un altro tipo di rifiuto che può essere riutilizzato come risorsa contro l’inquinamento ambientale e a favore del riutilizzo come materiale è la biomassa. Termine con cui si indicano una serie di materiali di origine biologica, generalmente scarti di attività agricole. Alcune società, ad esempio, si occupano del recupero di queste sostanze e della loro conversione in combustibili destinati alla produzione di energia.  
Le biomasse più raccolte che producono un’energia più pulita sono quelle legnose, si convertono meglio in energia elettrica e in calore per il riscaldamento degli ambienti. Una particolarità è che non emettono elementi inquinanti. 
Grazie alle diverse iniziative prese, le persone si adeguano a stili di vita più sostenibili e con semplici atti migliorano notevolmente le condizioni ambientali oltre che la loro stessa vita.


A RISCHIO LA SOSTENIBILITA’ DEL MARE SE LA PESCA DISTRUGGE L’HABITAT    a cura di Camelio Noemi 4^ C ITE


Mare e sostenibilità… Fermare la pesca distruttiva è possibile!

Negli ultimi tempi alcune pratiche di pesca stanno diventando sempre più insostenibili e il bisogno di affrontare il problema è assolutamente inevitabile.
La non curanza e il non rispetto dei consumatori e al tempo stesso dei pescatori verso il mare hanno portato alla ‘Pesca Distruttiva’ e oggi i cittadini del mondo si ritrovano a dover salvare le proprie acque, questo perché l’uomo può davvero rappresentare una risorsa preziosa per l’ambiente.
Sensibilizzare tutti è essenziale per dare un freno a questo fenomeno in espansione.
L’uomo deve tornare ad essere connesso con la natura e creare nuovi documentare che gli facciano apprezzare il regno degli oceani potrebbe davvero essere il mezzo giusto per il raggiungimento di questo obiettivo.
La pesca distruttiva non ha giustificazione;
La popolazione è cresciuta, ma la quantità del pescato nella maggior parte dei casi abbonda rispetto a quella realmente necessaria per sfamare tutti ed è per questo che i consumatori hanno esaurito le scorte di pesce locale e hanno cominciato a consumare quelle che provengono da oceani lontani, sopratutto dai paesi in via di sviluppo. 
I dati parlano chiaro: anni di insensibilità da parte di tutti noi e di inadeguatezza politica e gestionale hanno determinato il collasso delle risorse dei mari e secondo gli esperti scientifici il 96% degli stock ittici europei del Mediterraneo è sovrasfruttato e supera fino a nove volte il rendimento massimo sostenibile (ovvero il numero di catture possibili senza compromettere la sopravvivenza della specie).
Se non ci daremo una mossa ad intervenire, presto i nostri mari saranno privi di vita.
I danni che l’uomo crea alla natura sono irremovibili e se non vogliamo avere la coscienza sporca per sempre, dobbiamo tutti cambiare consapevolmente le nostre abitudini di consumo e di “uso” del mare, questo è ciò che si prefissa la campagna ‘Fish Forward’ del WWF, un programma triennale, presentato all’Expo, per preservare i mari dal sovrasfruttamento e garantire una pesca sostenibile per l’ambiente e il genere umano.


ABUSO DEI FARMACI NEGLI ALLEVAMENTI  a cura della redazione
ripreso da PETIZIONE  al link

Non solo negli allevamenti intensivi le condizioni degli animali sono così esasperate, che la loro stessa vita è garantita dagli antibiotici, ma quest’ultimo-considerato un abuso, è dannoso per animali stessi e per noi uomini e per l'ambiente. 
Tutto questo perché le condizioni degli animali sono così estreme che la loro sopravvivenza nei capannoni sovraffollati e malsani è garantita solo dagli antibiotici. Senza trattamenti farmacologici la situazione precipiterebbe e le morti sarebbero troppe, con la conseguenza di gravi perdite economiche 
Gli allevamenti intensivi sono sistemi crudeli e fuori controllo che stanno favorendo lo sviluppo di batteri resistenti agli antibiotici. Super batteri che dagli allevamenti possono facilmente raggiungere le persone e farle ammalare, contribuendo a far tragicamente salire il numero di morti per antibiotico resistenza - tra le 5000 e le 7000 persone all’anno, solo in Italia.
Il nostro paese si trova in una situazione piuttosto allarmante, ma probabilmente non ancora degna di un intervento serio da parte del Ministero della Salute. Nonostante l’abuso di farmaci sia così alto – in UE continuiamo a essere il terzo più grande utilizzatore di antibiotici negli allevamenti con un consumo in crescita dal 2013 al 2014.
I piani avviati finora, scritti dall’industria e fatti propri dal governo, sono solo volontari e mancano di monitoraggi trasparenti.
È un abuso nei confronti di milioni di esseri senzienti e della nostra salute, con conseguenze catastrofiche a livello mondiale.
Usare i farmaci per allevare animali in condizioni disumane è inaccettabile.
Il Ministero della Salute, con estremo ritardo rispetto ad altri paesi UE, sostiene di aver iniziato a lavorare a un piano nazionale contro l’antibiotico resistenza e di voler introdurre l’obbligatorietà della ricetta elettronica del farmaco veterinario per conoscerne il reale uso.

Il piano nazionale sull’antibiotico resistenza dovrebbe essere obbligatorioe includere assolutamente:
La trasparenza e il monitoraggio dei dati di consumo
La riduzione del consumo di antibiotici, in particolare quelli critici per l’uomo, negli allevamenti, allo scopo di ridurre la resistenza, con obiettivi precisi e scadenze temporali
Lo sviluppo e l’incentivazione di sistemi di allevamento meno intensivi e maggiormente rispettosi degli animali
L’unica via per contrastare l’antibiotico resistenza è ridurre il consumo di antibiotici, limitarlo ai casi di dichiarata malattia e riservare gli antibiotici di importanza critica al solo consumo umano.
Questo vale per noi ma anche per gli animali, che meritano una vita nel rispetto del loro comportamento naturale, dove la salute è garantita principalmente dal rispetto del benessere animale e dall’uso dei farmaci se ce n’è bisogno.
Insieme a te possiamo batterci per dare agli animali una vita degna di essere vissuta e priva di inutile sofferenze, in cui non dipendono solo dai farmaci per sopravvivere. Così possiamo salvare la nostra salute e quella dei nostri figli.


CAMBIAMENTI CLIMATICI ...... PER SAPERNE DI PIU' E FARE/AGIRE   a cura di Camelio Noemi 4^ C ITE

Le modificazioni del clima non sono affatto una novità; 
Fin dall’antichità le ripercussioni più drammatiche sull’umanità sono quasi sempre state ricollegate ai drastici cambiamenti climatici, che hanno portato addirittura alle famosi estinzioni di massa: a partire dalla scomparsa di oltre il 90% delle specie marine, agli anfibi e ai bivalvi. 
Se storicamente i cambiamenti climatici rappresentavano un processo lento, oggi giorno sono invece sempre più rapidi e mettono ovviamente particolarmente a rischio la capacità di adattamento degli esseri viventi.
La causa di questo fenomeno è quasi in toto attribuibile all’uomo che con le sue attività di combustione di carbone, gas e derivati del petrolio, non fa che incrementare l’effetto serra e quindi automaticamente il riscaldamento globale.
Secondo gli studi dell’IPCC, a fine secolo, se non verranno presi seri provvedimenti, l’aumento della temperature del globo potrà addirittura raggiungere i 4-5°C.



Se questa è la verità, cosa ci accadrà?
Innanzitutto, bisogna dire che non tutti gli scienziati hanno una visione catastrofica dell’avvenire;
La temperatura media globale è infatti  in crescita da più di 15 mila anni e al contrario di quanto di afferma, non si sa con certezza se davvero la temperatura non è mai crescita tanto in diecimila anni e di conseguenza non si può nemmeno sapere in che percentuale l’uomo contribuisca.
Altri sostengono invece che di questo passo avremo un’accelerazione del ciclo dell’acqua nell’atmosfera e nel suolo e soprattutto vi sarà un notevole aumento del livello dei mari.
Questo perché l’aumento di temperatura farà inesorabilmente aumentare l’evaporazione e aumenteranno quindi il numero e la violenza delle precipitazioni atmosferiche.
Le forti inondazioni potranno causare perdite umane, danni ai raccolti agricoli e desertificazione dei suoli, oltre al danneggiamento delle risorse idriche.
Lo scioglimento dei ghiacci invece, facendo aumentare il livello del mare, metterà in serio pericolo gli abitanti delle aree costiere.
Prevenire è sempre meglio e curare e la cautela è dunque d’obbligo.
Ma cosa possiamo fare per mettere un freno al surriscaldamento globale?
Gli scienziati sono in maggioranza sicuri che contenere la temperatura entro il valore medio di 2°C aiuterà senza dubbio a rallentare e a ridurre gli effetti del fenomeno.
E’ proprio con questo proposito che il 12 dicembre 2015 c’è stata a Parigi una conferenza sull’argomento in cui è stato approvato un documento di accordo sul clima che coinvolge i paesi che producono complessivamente il 55% delle emissioni mondiali di gas serra, i gas originati dalla collisione dei raggi solari con i gas inquinanti presenti nell’atmosfera.
Al momento 171 paesi hanno ratificato l’accordo, impegnandosi quindi a non superare con l’aumento di temperatura gli 1,5°C, a effettuare controlli ogni cinque anni e ad investire sempre di più nell’energia pulita.
Ovviamente anche parlane a scuola è molto importante, questo problema infatti oltre a far riferimento a molte discipline di studio, è di grande attualità.
I ragazzi, gli studenti sono le generazione del futuro: devono essere informati su quello che accade e sta accadendo e soprattutto devono essere educati al rispetto del mondo in cui vivono.

LE SMART GRID E LE SMART CITY
si ripubblica l'articolo implementato con il contributo della redazione
IL SISTEMA ENERGETICO STA CAMBIANDO: PROSUMER E SMART CITY SI SOSTITUISCONO A CONSUMATORI E CITTA’ SOTTOPOSTE ALL’ENERGIA  a cura di Dieni Francesca 3^ C ITE  e Redazione FermiMagazineOnline


Fin dal più remoto passato, l'uomo ha avuto bisogno dell'energia. L' elettricità è davvero il nostro pane quotidiano, ma la sua crescita è drasticamente diminuita negli ultimi 20-25 anni. Al diminuire dei consumi, anche l'andamento di elettricità in Europa è calata. Così, nei paesi industrializzati viene consumata sempre meno energia, sia dalle industrie sia dalle famiglie.

Tale calo ha due ragioni, crisi economica e crescente sensibilità verso il consumo responsabile. A questi si aggiunge il grande sviluppo delle energie rinnovabili, quali solare, eolico e biomasse. Lo sviluppo delle energie rinnovabili va di vari passo con l'avvento di innovazioni tecnologiche nel campo delle misurazioni dei consumi quale il contatore elettronico. 

Tutto ciò cambia le regole di un gioco che era basato sul dare avere, si creava e distribuiva energia, i cittadini la usavamo e la pagavamo. Il sistema oggi però è in continuo cambiamento. Producendola, con macchinari o con pannelli fotovoltaici, si è passati automaticamente da consumatori, consumer, a prosumer. Chi sono i prosumer? Sono gli stessi utenti che, liberandosi dal ruolo passivo di consumatori, assumono un ruolo attivo nel processo che coinvolge le fasi di creazione, produzione, distribuzione e consumo dell’energia. 
I prosumer del domani, ma oggi già presenti a milioni, produrranno direttamente energia, che, in parte verrà utilizzata e in parte verrà rivenduta. I fattori di produzione cambieranno, così come pure i macchinari e le tecnolgie, di cui parte già oggi in essere, sicuramente il numero delle centrali aumenterà, e saranno sempre più piccole. All posto delle attuali, emettranno, sicuramente, anche meno quantità di CO2 nell'atmosfera e favoriranno certamente anche la diminuzione dei consumi e dei prezzi. 
Produrre energia e realizzare impianti domestici oggi è consentito dalla normativa italiana. Nel rispetto delle leggi vigenti, vi sono offerte, soprattutto sui pannelli fotovoltaici, che ad oggi assumono le più svariate forme e colori, ivi incluso quelle delle tegole. La tecnologia si è evoluta così come anche il trasferimento, il depoito-stoccaggio di batterie(anche se di qualche invadenza al momento) e i contatori intelligenti che smistano e regolano l’energia prodotta. Il futuro sarà quindi produrre energia non solo consumarla.

La produzione di energia si evolverà verso un sistema a generazione distribuita, con impianti di minor capacità e distribuiti su tutto il territorio. 
Alimentati da un mix energetico differenziato(tra reti eisstenti e rinnovabili), in effetti a tutti è ben chiaro che gli impianti attuali non riuscendo, per capacità, a produrre tutto ciò occorrente, saranno sempre supportati dalla linea principale del gestore di utenza. E con un'innovazione delle reti di distribuzione si potrà ancor più agevolarsi di un energia a minor prezzo. 

In effetti i programmi a medio e lungo termine si indirizzano sempre più verso quelle che sono chiamate le 5 “E” dell’energia, Evoluzione, Efficienza, E-mobility, Empatia ed Eco-sostenibilità.
Il programma energia, unito alle smart grid e alle smart city, darà un forte impulso sia alla sostenibilità ambientale che all’efficienza-prezzi.

Le reti intelligenti, dette smart grid, consentono un monitoraggio costante dei dati di produzione e consumo attraverso l’installazione di circa 37 milioni di contatori elettronici. Di questi, già in possesso i primi tipi, i nuovi permetteranno agli utenti di leggere quanto e come sta consumando l'energia, in qualsiasi momento e, all'azienda, di effettuare operazioni senza intervento del'operatore.
I contatori elettronici sono un primato dell'ENEL. Risulta infatti la prima azienda al mondo a dotarsi e a sviluppare la tecnologia digitale, applicata in Italia ed esportata in altri paesi. Si parlava dei nuovi, già allo studio, che saranno più evoluti in quanto consentiranno di monitorare la qualità della fornitura e fornire più servizi ai clienti. Ad oggi è già possibile tracciare, secondo per secondo, le utenze e i consumi, dati questi, che influiranno sicuramente sulle decisioni degli utenti al fine dell’utilizzo più accurato delle linee-punti di richiesta energia durante l’arco della giornata. Dunque anche una serie programmazione di uso degli oggetti ad energia, che di per se propongono già soluzioni di accumulo interno, si vedano in proposito le nuove lampadine(se dovesse togliersi l’energia, lo stoccaggio interno al singolo apparecchio consentirebbe di farlo funzionare ancora, per il tempo di accumulo e in base alla capacità della risorsa).

Il crescente perfezionamento  delle reti smart grids incideranno anche verso il modello di città che si evolve, portando l'attuale modello di città consumatrice, consumer, verso il cosiddetto modello smart city. In queste, la cui traduzione più efficace è “città intelligente”, si prospettano minori sprechi con l’efficienza energetica e la tutela dell'ambiente, che agiscono in modo combinato.
Esempi di smart cities sono Malaga, Buzios, Bari, Genova, Varese. Anche  Expo Milano 2015 è un esempio di queste città smart, dove tutta l'energia che circolava veniva monitorata, canalizzata ed erogata secondo l’uso che necessitava nei punti-energia. 
La smart grid non cambia solo le città ma anche il nostro modo di vivere e con esso gli stessi stili di vita. 
I sistemi per l'auto-produzione, il monitoraggio e la gestione di consumi, grazie a lampadine a led, climatizzazione a pompa di calore ad inverter, caldaie a condensazione, piani di cottura a induzione, indirizzeranno sicuramente un comportamento e un uso più consapevole dell’energia degli oggetti ad energia.
La città intelligente funzionerebbe strategicamente, combinando gli elementi odierni di produzione urbana, in un unico quadro-sistema che opera in sinergia. 
L’operazione è anche culturale. L’importanza sempre più crescente delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), degli elementi sociali e loro capitalizzazione e del, sempre più, consapevole sviluppo eco-ambientale, definisce ancor meglio il profilo verso cui si indirizzeranno le città. Queste, mosse dalla ricerca di sostenibilità e verso azioni ecologiche, di controllo, sicurezza e risparmio energetico, cercheranno il miglioramento della situazione attuale per la mobilità e la sicurezza stessa. Il controllo, che avverrà attraverso i mezzi tecnologici-informatici, facilitando il ricircolo di informazioni e dati, fornirà gli opportuni adattamenti delle reti stesse in modo da non creare sprechi e maggiori emissioni nell’atmosfera.

Anche la nostra Regione Lazio ha previsto 122 milioni di euro per 16 città “Smart city” nell’ambito dei Piani Locali e Urbani di Sviluppo, detti PLUS, che sono:
Roma, nuovo look per Porta Portese (11.115.389 euro).
Pomezia, Pomezia cambia (11.640.435 euro).
Marino, ecco Marino (5.040.884 euro).
Velletri, il Ponente sostenibile (8.755.414 euro).
Albano, Innovalba (5.207.000 euro).
Fonte Nuova, Un cuore per la città (5.051.550 euro).
Guidonia, Da città del 900 a città del 3° millennio (9.560.274 euro).
Monterotondo, Dalla memoria al futuro (5.059.200 euro). 
Viterbo, futuro al Centro (10.854.628 euro).
Rieti, Fare centro, fare città (8.458.237 euro). 
Frosinone, la porta della città (5.019.935 euro).
Latina, marina di Latina (9.691.502 euro).
Aprilia, Aprilia Innova (6.150.795 euro).
Fondi, la città dei servizi e delle nuove centralità (7.506.333 euro).
Cisterna di Latina, il centro del centro pontino (4.566.698 euro).
Formia, Appia via del mare (5.650.000 euro). 
Tutte opere infrastrutturali con sviluppo concorrente di applicazioni ICT, che tenderanno di dare maggior respiro e facilità di comunicazione a queste città.

Usare l'energia in maniera consapevole per avere un mondo migliore, più pulito e sostenibile, è un dovere.
Progettare e costruire reti smart vuol dire facilitazione del consumo e della produzione di energia, e costante monitoraggio della propria e/o della comune utenza.
Sviluppo di smart city vuole dire futuro sostenibile.


LA DIRETTIVA EUROPEA DAFI(Directive Alternative Fuel Initiative)  a cura di Geseri Martina 4^ C ITE

L'inquinamento ambientale e atmosferico sono problemi giornalieri in questi ultimi anni e sono allarmi per la salute del nostro pianeta. 
La principale conseguenza è il riscaldamento globale che procura dei squilibri ambientali perenni.  La causa può essere attribuita all'emissione eccessiva dei carburanti. 
Per opporsi l'Unione Europea ha varato la direttiva denominata DAFI (Directive Alternative Fuel Initiative) che impone agli Stati membri di agire a favore allo sviluppo di componenti alternativi alla benzina e a favore della costruzione di attrezzature finalizzate al rifornimento o ricarica dei veicoli. La direttiva Dafi, 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, è stata recepita dal governo italiano a settembre 2016 con un decreto legislativo di attuazione della direttiva. Questo nell'ambito delle politiche della Ue sulla sostenibilità, nel quadro generale strategico prevede l'adozione  e lo sviluppo del mercato dei combustibili alternativi nel settore dei trasporti e per la realizzazione della relativa infrastruttura. 
L'iniziativa promossa dalla UE è diretta verso la cultura "green", da realizzare attraverso l'utilizzo di veicoli elettrici al posto della benzina, così da ridurre le emissioni di CO2, la prima fonte responsabile dell'inquinamento ambientale. 
Per incoraggiare la diffusione della mobilità elettrica si prevedono accordi tra istituzioni. 
Anche Enel italiana ha firmato con AISCAT (Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori) un protocollo d' Intesa per costruire una rete di infrastrutture di ricarica elettrica nelle autostrade. 
Naturalmente al centro di questa iniziativa ci sono i cittadini, che devono essere consapevoli dei vantaggi della mobilità elettrica, le auto elettriche consumano molto meno rispetto a quelle che utilizzano carburanti tradizionali, le compagnie assicurative offrono polizze agevolate del  20 %, i parcheggi blu sono gratuiti, e la manutenzione diventa più leggera. 
Abbracciando l'iniziativa dei "veicoli elettrici" potremo un giorno, che si fa sempre più vicino, dire addio all'inquinamento acustico e alle emissioni di anidride carbonica.

DEGRADO AMBIENTALE( DEI SACCHETTI DI PLASTICA IN MARE)   a cura di Dieni Francesca 3^ C ITE

Il degrado ambientale è causato dall'uomo: e non parliamo di emissioni nocive che non si possono sentire al tatto, ma di quelle che comunque possono uccidere i nostri polmoni e quelli di animali.
Parliamo di una marea di rifiuti che invade le nostre terre e devasta i nostri mari. L'ultimo dramma arriva dalle acque a largo dell'Olanda. Le balene si stanno nutrendo di rifiuti plastici che ne determinano la morte.
Le balene ingeriscono plastiche trasparenti, spalancano le fauci e le inglobano come se fosse plancton. Di solito si tratta di plastica proveniente da coltivazioni industriali. La causa del decesso? Blocco intestinale. Si stima che ogni anno milioni di tonnellate di plastica scompaiono dal pianeta perché ingeriti da organismi viventi, casualmente indirettamente o perché scambiata per cibo.
La balena, il più grande mammifero esistente, ha sempre affascinato e nutrito l'immaginario collettivo con una simbologia positiva per la sua mole, la sua forma rotonda, l'immensità della sua bocca, la sua natura pacifica.
Nei miti della creazione è l'animale che regge il mondo. Ma la realtà, purtroppo, è ben altra. Nella pancia delle balene finisce solo plastica che le uccide.
Lungo le coste della Norvegia lo scorso 28 gennaio è stata ritrovata una balena ridotta in fin di vita a causa dei sacchetti di plastica che aveva ingerito.
Per gli esperti che hanno esaminato la situazione, non si tratta di qualcosa di sorprendente dato che la plastica continua a inquinare mari e oceani a causa dei rifiuti che ininterrottamente finiscono in acqua. La balena ritrovata sulle coste norvegesi dell'isola di Sotra, non era purtroppo più in grado di assorbire le sostanze nutritive necessarie per sopravvivere proprio a causa dei sacchetti di plastica che aveva ingerito e che solo dopo la morte sono stati estratti dal suo stomaco.
Oltre al almeno 30 sacchetti, sono stati trovati vari pezzi di plastica nella pancia della balena, cosa che ci fa comprendere ancora di più quanto i rifiuti abbandonati in mari e oceani possano essere nocivi per gli animali.
Quando è stata ritrovata, la balena era già in fin di vita e si trovava vicino alla costa, in acque molto basse. Lo stomaco della balena era pieno di sacchetti di plastica  e di imballaggi con etichette in danese e in inglese. Questa tristissima morte riporta all'attenzione dei media sul problema dell'inquinamento dei mari e sulle sue conseguenze.

L'ECOSOSTENIBILITÀ IN ALCUNE DELLE SUE FORME(RIFLESSIONI DA UN ARTICOLO  DEL "CORRIERE DELLA SERA")    a cura di Lamberti Beatrice 3^ C ITE

La chimica, che continua a fare da architrave a un made in Italy manifatturiero, ha un ruolo fondamentale per quanto riguarda la creazione di oggetti riciclabili e resistenti da vari materiali di scarto, residui, rifiuti.
Per esempio, secondo le parole di Athanassia  Athanassiou, ricercatrice IIT e responsabile del gruppo di ricerca Smart Materials, occorrono fino a 4 anni di ricerca per arrivare ad ottenere buone bioplastiche derivanti dagli scarti, e pronte da lanciare sul mercato.
Attraverso infatti scarti vegetali ricchi di cellulosa, come patate e carote, si può ottenere una plastica al 100% vegetale, oppure ancora attraverso gli scarti industriali di caffè, addizionati con zucchero e legante in silicone, si può ottenere una spugna in grado di rendere potabile l'acqua trattenendo i metalli pesanti presenti in essa, la carta inoltre può essere utilizzata come conduttore per elettronica flessibile aggiungendo solamente del grafene.
I materiali compositi, utilizzati nei settori come l'automotive, l'aerospaziale, l'aeronautica e la nautica, riescono perfettamente a sfruttare i vantaggi delle materie plastiche e degli agenti di rinforzo.
<<La ricerca di essi si concentra sull'utilizzo delle fibre naturali, lo sviluppo è determinato da un'aumentata consapevolezza e la domanda è in crescita grazie anche al basso costo, la riciclabilità, la biodegradabilità e la resistenza dei prodotti>> afferma l'architetto Simonetta Pegorari.
Anche in settori come l'abbigliamento e le calzature sono in corso nuove sperimentazioni per creare ed apportare nuovi materiali ecosostenibili ed innovativi a varie creazioni.
A Frasso Sabino, per esempio,  il COREPLA, Consorzio Nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il Recupero degli imballaggi in plastica, lo scorso anno ha sponsorizzato un'iniziativa nella quale degli ecodesigner hanno riciclato materiali come alluminio, carta, legno e plastica creando abiti di alta moda destinati ad essere indossati per sfilare in passerella con un suggestivo scenario realizzato con 18.000 bottiglie in plastica.
L'Italia con le sue imprese può e deve cogliere perciò l'enorme importanza e potenzialità di questi materiali di scarto o residuali o rifiuti, per elevarli e farli conoscere a tutti, così da farsi promotori e driver di crescita e sostenibile.


COSÌ FUNZIONA L’ECONOMIA CIRCOLARE  a cura di Consales Ilaria 3^ B ITE

Ѐ' al centro di convegni, ricerche, investimenti.  Ma cos’è l’economia circolare e che effetto ha su di noi? 
"Il termine deriva dai meccanismi presenti in alcuni organismi viventi in cui le sostanze nutrienti sono elaborate e utilizzate per poi essere reimmesse nel ciclo sia biologico che tecnico."
I sistemi economici, secondo l’economia circolare, dovrebbero imitare il concetto di “ciclo chiuso” o “rigenerativo”.  Siamo abituati a oggetti e beni con una vita lineare, prodotti cioè da usare e gettare. Nell’economia circolare, invece, i beni o oggetti, se vengono riparati, riusati con altra funzione o riciclati, possono durare molto più a lungo e non essere più definiti rifiuto. 
Secondo gli ultimi studi, l'economia circolare potrebbe portare ad una riduzione del 32% dell’uso di materie prime sino al 2030, obiettivo importante in quanto in grado di rendere più efficienti le risorse. Significativo è infatti l’atteggiamento non solo culturale-sociale della Svezia, ma anche amministrativo-fiscale: esempio, si offrono sconti sulle imposte a chi fa riparare le scarpe dal ciabattino anziché buttarle. 
L’economia circolare indirizza  verso comportamenti corretti ed eticamente validi come il riciclo dei rifiuti, stimola le menti creative e potrebbe creare nuove professioni: gli ecodesigner, per esempio, che progettano arredi realizzati per durare nel tempo, i creatori di app come quella che segnala la pescheria più vicina a casa che, di sera, vende il pesce scontatissimo anziché buttarlo. 
Importante Biocirce, in questi ultimi anni inaugurato Italia, uno dei primi Master che forma e prepara esperti di bioeconomia ed economia circolare. Anche l’ Esposizione Universale di Milano tenutasi nel 2015, Expo, ha mostrato di voler cambiare le cose e di agire per il futuro con logiche diverse, anche con particolare attenzione al risparmio energetico e alla scelta di luoghi con materiali sostenibili. 
L’economia lineare, che prevede la produzione di un bene che alla fine diventi un "rifiuto", presuppone indubbiamente che le risorse siano infinite, economiche e a  basso costo di smaltimento, ma noi sappiamo che non è così. Nella realtà quest'atteggiamento, oltre a dimostrarsi insostenibile e non più compatibile, sta determinando gravi danni al nostro pianeta che si rifletteranno soprattutto sulle future generazioni. 
La buona notizia è che il problema è sotto gli occhi di tutti e che, molto probabilmente, siamo ancora in tempo per cambiare rotta.

El NINO E IL RISCALDAMENTO GLOBALE  a cura di Andrea De Santis 3^ B ITE
da http://www.meteo.it/giornale/el-nino-ritorno-possibile-nella-seconda-meta-del-2017-11866.shtml


Il riscaldamento globale, è sempre stato considerato una conseguenza dell'alta presenza di anidride carbonica ma ultimamente si è aggiunto anche il Niño, ovvero il periodico riscaldamento del Pacifico che avviene con una certa frequenza.
Un fenomeno climatico ciclico come El Nino è in grado di modificare la temperatura durante il suo persistere, contribuendo a variazioni annuali nelle temperature medie globali. 
Tutto questo come? Trasportando il calore dell’oceano all'atmosfera, l'estate del 2017 è stata la più calda solo dietro al 2016. 
Ma non è da dimenticare che la colpa rimane anche delle emissioni umane, poiché il continuo aumento di CO2 nell'aria che boschi e foreste da parte umana non riesce ad essere smaltito, assieme ad altri gas prodotti dalle industrie, scarichi ecc, determinandosi come un danno per l'ecosistema.
Questo, che deve essere protetto e salvaguardato, a parer mio, evitando di inquinare ulteriormente, iniziando a "progettare" delle misure che  tendono all'eliminazione dei fattori- industriali, domestici, energetici, rifiuti - che, indotti dall'uomo, favoriscono la creazione di anidride carbonica, vera responsabile dell'aumento delle temperature.